Tumore al seno, ecco perché anche le ossa sono a rischio

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AVERE un tumore al seno, già di per sé, aumenta il rischio di frattura. Rischio che è destinato ad aumentare ulteriormente se il tumore è di tipo ormono-sensibile. In questo caso, infatti, è necessario ricorrere alla terapia ormonale dopo l’intervento chirurgico per ridurre la probabilità di recidiva. Ma se, abbassando i livelli degli estrogeni, si riesce a ridurre il rischio che la malattia si ripresenti, si hanno inevitabilmente altre conseguenze: in particolare a carico delle ossa. Fondamentale è il ruolo dell’oncologo, che può aiutare le pazienti a prevenire questo effetto collaterale.

Il ruolo dell’oncologo

“L’oncologo ha l’obbligo etico di conoscere i farmaci che prescrive e i loro effetti collaterali: deve considerare che la paziente, sottoposta a terapia ormonale adiuvante, è a maggior rischio di frattura a causa della fragilità ossea”, afferma Daniele Santini, Professore ordinario di Oncologia medica e responsabile UOS Day Hospital di Oncologia – Università Campus Bio-Medico di Roma: “L’estrogeno è infatti capace di stimolare la neoformazione di tessuto osseo e il suo abbassamento porta a una perdita delle sue funzioni benefiche su questi tessuti. A livello diagnostico – spiega Santini – il medico deve comprendere qual è la situazione basale di rischio della paziente prima di cominciare il trattamento, e monitorarla nel tempo. A livello terapeutico, ha anche il dovere di prescrivere una terapia che prevenga la fragilità ossea contemporaneamente all’inizio della terapia ormonale”.

Le terapie

Esistono, infatti, farmaci in grado di prevenire le fratture da fragilità. Sono due le opzioni terapeutiche: i farmaci anti-riassorbitivi di sintesi chimica e le terapie anti-riassorbitive biologiche innovative. Studi clinici hanno dimostrato la capacità delle terapie innovative non solo di ridurre la perdita di tessuto osseo, ma anche di diminuire l’incidenza di fratture. “Sono quindi in grado di esercitare un’azione maggiormente protettiva sulle ossa rispetto agli anti-riassorbitivi classici”, continua l’esperto: “In ogni caso, questi farmaci devono essere accompagnati da un adeguato supplemento di vitamina D, fondamentale per farli funzionare al meglio”.

Se i livelli di densità ossea sono nella norma

Anche le donne che hanno valori di densità minerale ossea nella norma possono essere esposte a fratture da fragilità, nonostante l’esame deputato a rilevare l’alterazione dell’osso -– cioè la MOC (Mineralometria Ossea Computerizzata) – dia esito negativo. Perché? “In questo caso, ad essere compromesse – spiega Santini – sono la qualità e la struttura delle loro ossa, senza che ci siano ancora conseguenze sulla densità. Una situazione per cui, comunque, si può ricorrere alle già citate terapie disponibili. Grazie alla nota 79 di rimborso dell’Aifa, in cui rientrano entrambe le terapie, è possibile utilizzare tali trattamenti in prevenzione primaria, cioè anche nelle donne con livelli di densità ossea nella norma”, precisa l’oncologo: “Questo significa che, se le donne al momento dell’inizio della terapia ormonale adiuvante hanno una densità ossea normale e non hanno mai subito fratture, devono comunque ricevere questi trattamenti in via preventiva”.

Le cure ormonali adiuvanti contro il cancro

In genere, la durata della terapia ormonale è di 5 anni e in alcune donne a maggior rischio, sia in pre che in post menopausa, può arrivare fino a 10 anni. Attualmente, le terapie ormonali adiuvanti utilizzate dopo l’intervento chirurgico sono gli inibitori dell’aromatasi, che in postmenopausa vengono somministrati da soli, mentre nelle donne in premenopausa vengono associati ad un farmaco – LHRH agonista – che agisce sull’inibizione della produzione di estrogeni a livello ovarico. “Nelle donne in postmenopausa – sottolinea Santini – la terapia ormonale adiuvante porta a una perdita annua del 3% dell’intera massa scheletrica, percentuale che sale nelle donne in premenopausa e in terapia associata con LHRH agonisti fino al 7%. Ciò comporta una riduzione della densità ossea e un’alterazione della qualità dell’osso, che inevitabilmente subisce un’alterazione strutturale, diventando più fragile. Ecco perché anche le donne con una MOC normale e in terapia con inibitori dell’aromatasi possono fratturarsi a seguito di traumi minori”.

La campagna Ora pOSSO

È proprio per sostenere e informare le donne con tumore al seno sulle cure disponibili per contrastare la fragilità ossea che Amgen ed Europa Donna Italia, con l’egida della Fondazione Italiana Ricerca sulle Malattie dell’Osso – Firmo Onlus, hanno promosso la campagna di sensibilizzazione “Ora pOSSO, le donne con tumore al seno contro la fragilità ossea” che invita tutti a condividere sui social una foto con due pugni chiusi che si uniscono, gesto simbolico dell’iniziativa, utilizzando l’hashtag #oraposso.

FONTE ARTICOLO:

https://www.repubblica.it/dossier/salute/saluteseno/2020/01/13/news/tumore_al_seno_ecco_perche_anche_le_ossa_sono_a_rischio-245346302/

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