Tre studi presentati all’ASCO convalidano il test Oncotype DX per indicare se le donne con tumore luminale possano trarre o meno beneficio dalla chemioterapia neoadiuvante. Di particolare importanza in tempo di Covid-19.
NUOVI dati confermano l’efficacia e il valore del test genomico Oncotype DX che aiuta il medico a prendere questa decisione. In occasione del congresso annuale della società americana di Oncologia Clinica (American Society of Clinical Oncology – ASCO), che quest’anno per l’emergenza coronavirus si sta svolgendo online, sono stati infatti presentati i risultati di tre studi che avvalorano ulteriormente l’utilità del test per migliorare il processo decisionale, in questo caso sulle terapie neoadiuvanti, cioè che si fanno ancora prima dell’intervento chirurgico. Precisamente il test è in grado di indicare in quali donne (con tumore al seno positivo ai recettori degli estrogeni e HER2 negativo) la chemioterapia ha più possibilità di far regredire completamente il tumore (a livello clinico), prima dell’operazione.
Il test Oncotype DX
Ma come funziona il test? ll test analizza alcuni geni del tumore alla mammella e i risultati vengono poi sintetizzati in una formula che fornisce un valore numerico (Recurrence Score): è proprio questo valore – compreso tra 0 e 100 – a dare informazioni sull’utilità della chemioterapia per ogni singola paziente. Nei tre studi presentati ad ASCO sono stati presi in considerazione i campioni tumorali ottenuti tramite biopsia.
Il primo studio
Uno degli studi è stato condotto su 76 pazienti trattate con chemioterapia neoadiuvante che avevano partecipato alla ricerca Young Women’s Breast Cancer Study, uno studio multicentrico e prospettico su un gruppo di donne di età massima di 40 anni, alle quali era stato diagnosticato un tumore del seno. Le donne che avevano ottenuto un punteggio del test uguale o più alto di 26 hanno ottenuto una risposta patologica completa – cioè nessuna traccia del tumore rilevabile durante l’intervento – con la chemioterapia. Solo due delle donne con un punteggio inferiore (compreso tra 21 e 25) avevano ottenuto la risposta patologica completa. I dati che confermano i risultati degli studi già pubblicati sulle terapie neoadiuvanti nelle pazienti con tumore del seno più anziane.
Il secondo studio
Il secondo studio è, invece, un’analisi prospettica condotta in Spagna su un gruppo di 63 donne che avevano ricevuto la chemioterapia neoadiuvante dopo che era stato effettuato il test Oncotype DX. Anche in questo caso si è osservata una forte correlazione tra la risposta patologica completa e il punteggio del test. Nello specifico, rispetto ad altri fattori – come il Ki67 (un fattore prognostico classico), lo stato del recettore degli estrogeni e la dimensione iniziale del tumore – il risultato Recurrence Score si è rivelato essere il predittore più significativo della risposta patologica completa. Nessuna delle donne il cui punteggio era compreso tra 0 e 25 ha, infatti, ottenuto la regressione completa.
Il terzo studio
Infine, nel terzo studio le pazienti che avevano ottenuto un punteggio del test compreso tra 0 e 30 avevano ricevuto solo la terapia endocrina (o ormonale) prima dell’intervento, senza chemioterapia. Dopo quattro mesi di trattamento, sono stati valutati i dati di 142 pazienti. Risultato? La maggior parte – cioè il 97% – presentava una risposta clinica o una malattia stabile.
L’importanza dei risultati durante la pandemia
I risultati di tutti e tre gli studi oltre ad aggiungersi alla mole di evidenze già disponibili sul test Oncotype DX, assumono particolare rilevanza nel contesto dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo. Quest’ultima ha, infatti, determinato ritardi nelle chirurgie elettive (cioè gli interventi chirurgici programmati) per i sistemi sanitari di tutto il mondo. “Attualmente – sottolinea Carlo Tondini, direttore del reparto di Oncologia Medica presso l’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo – con la pandemia COVID-19, i sistemi sanitari devono affrontare nuove sfide, e nell’ambito del tumore della mammella in stadio iniziale diventa ancora più importante poter selezionare con cura le pazienti con malattia luminale che potrebbero evitare un trattamento chemioterapico. Questo sia per ridurre l’esposizione a rischi inutili sia per poter selezionare con più accuratezza il trattamento pre-operatorio con chirurgia senologica posticipata a causa della pandemia”.
FONTE ARTICOLO: https://www.repubblica.it/dossier/salute/saluteseno/2020/05/30/news/tumore_del_seno_il_test_predice_l_efficacia_della_chemio_prima_dell_intervento-258001401/