Perché i medici consigliano la ricostruzione mammaria alle donne colpite da tumore alla mammella che hanno subìto l’asportazione di una parte o di tutto il seno?
Lo abbiamo chiesto al dottor Angelo Giacomazzi, Medico Chirurgo specializzato in Senologia.
“Tramite l’intervento le pazienti possono recuperare la postura corretta e la sensazione di “integrità” del loro corpo e superare piccoli e grandi traumi e difficoltà quotidiane dopo l’operazione, potendo ad esempio nuovamente indossare qualsiasi tipo di abiti. La ricostruzione aiuta dunque le donne a riappropriarsi della propria femminilità”.
Quali metodiche ricostruttive esistono e quale oggi ha particolare diffusione?
“Ci sono due tipi di ricostruzione della mammella: immediata e differita (con espansore). La ricostruzione può avvenire con protesi oppure può essere effettuata una ricostruzione cosiddetta autologa, dove vengono utilizzati tessuti prelevati dalla stessa paziente: in primis il grasso (lipofilling) e poi anche parte della cute e della muscolatura addominale o dorsale. Il tessuto adiposo, sempre più preferito all’utilizzo della muscolatura, è ricco di cellule staminali, che come noto hanno la possibilità di moltiplicarsi assumendo le caratteristiche del contesto in cui vengono inserite. Il risultato è un seno perfettamente naturale, senza la necessità di una protesi, o con una protesi molto piccola, dunque con minori complicazioni rispetto alla metodica tradizionale e con la possibilità di recuperare un seno in tutto e per tutto naturale, al punto che si modifica in modo coerente con le variazioni del corpo.
L’intervento viene sempre seguito con un approccio personalizzato, in base alla situazione specifica.
La parte finale dell’intervento consiste nel tatuaggio del complesso areola – capezzolo se l’indicazione oncologica lo ha richiesto”.
Maria Chiara Pellizzari
Laureata in Giurisprudenza all'Università Bocconi di Milano, giornalista, scrittrice e copywriter, è la Direttrice Responsabile del Magazine online WelfareCare.
