L’Italia si conferma tra i primi cinque Paesi al mondo per la ricerca oncologica, grazie all’eccellenza dei suoi studi e alla qualità della sua produzione scientifica. Tuttavia, il settore affronta sfide significative che potrebbero compromettere i progressi ottenuti, in particolare a causa di problemi burocratici e della carenza di fondi e personale specializzato.
Progressi nella ricerca e risultati incoraggianti
Negli ultimi anni, i progressi nella diagnosi precoce e nelle terapie hanno portato a una riduzione del tasso di mortalità per tumore e a un aumento delle persone che convivono con la malattia per molti anni, mantenendo una buona qualità di vita. Il prestigio della ricerca italiana è riconosciuto a livello globale, con una forte presenza nei principali congressi scientifici e un accesso significativo a farmaci sperimentali innovativi.
Le sfide: fondi, personale e burocrazia
Nonostante questi successi, oncologi e ricercatori italiani segnalano problematiche che mettono a rischio il futuro del settore. Il finanziamento pubblico alla ricerca è storicamente insufficiente, con l’Italia che investe solo l’1,2% del PIL in ricerca e sviluppo, rispetto a una media europea del 2% e a quasi il 3% della Germania. Inoltre, la carenza di personale specializzato e infrastrutture adeguate limita le possibilità di sviluppo e innovazione.
Un altro problema critico è il calo delle sperimentazioni indipendenti, non sostenute dall’industria farmaceutica: solo il 20% degli studi sulle nuove molecole oncologiche è no profit, mentre l’80% dipende dalle aziende farmaceutiche. Questa tendenza riduce le opportunità di ricerca indipendente e penalizza i pazienti.
A ciò si aggiunge una burocrazia che rallenta i processi di approvazione delle sperimentazioni cliniche. Il Regolamento europeo 536 del 2014 ha stabilito che i tempi di autorizzazione per gli studi clinici nei Paesi UE dovrebbero variare tra i 60 e i 106 giorni. Tuttavia, in Italia i tempi restano superiori alla media europea, ostacolando l’avvio delle sperimentazioni e riducendo l’attrattività del Paese per gli investimenti nel settore.
Il ruolo strategico della ricerca oncologica
L’importanza della ricerca sul cancro non è solo scientifica, ma anche economica e sociale. Investire nel settore significa creare sviluppo, attrarre fondi e migliorare il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), che può beneficiare economicamente delle sperimentazioni cliniche grazie alla copertura dei costi da parte delle aziende sponsor. Inoltre, i pazienti possono accedere a trattamenti innovativi anni prima della loro approvazione ufficiale, aumentando le possibilità di cura.
Attualmente, in Italia operano 183 centri di ricerca oncologica, con una distribuzione territoriale che vede il 50% delle strutture al Nord, il 24% al Centro e il 26% al Sud. Tuttavia, il 68% di questi centri è privo di bioinformatici (esperti nell’analisi e nell’interpretazione dei dati biologici tramite l’utilizzo di strumenti informatici) e il 49% non dispone di supporto statistico, evidenziando una necessità urgente di personale qualificato.
Dati incoraggianti, ma serve di più
Grazie ai progressi scientifici e alla qualità della sua ricerca, l’Italia ha ridotto i decessi per cancro del 15% tra il 2011 e il 2021, superando la media europea del 12%. Tuttavia, per mantenere e migliorare questi risultati è essenziale superare le barriere burocratiche, incrementare i finanziamenti e investire in personale specializzato. Solo così il Paese potrà continuare a giocare un ruolo di primo piano nella lotta contro il cancro.
Fonte: Corriere della Sera, 19 marzo 2025